Anche oggi il nostro pensiero va a lei, a Carolina Picchio,
14 anni, che si è tolta la vita lanciandosi dal balcone di casa sua, a Novara,
nella notte fra il 4 e 5 gennaio. Inizialmente si pensava fosse per i commenti
pesanti e insulti gli ricevuti su Facebook e Twitter, ora c’è la possibilità
che la verità si trovi in una lettera al vaglio dei Carabinieri, su cui
mantengono il massimo riservo.
Forse non è cyber-bullismo ma bullismo alla vecchia maniera,
quello fatto di parole di gesti e di
sguardi, ma la differenza fra le due cose riguarda l’ambiente in cui si
sviluppa, uno digitale e l’altro non,
perché sempre di bullismo si parla.
Qualcosa l’ha fatta esplodere portandola a scrivere “Con la
gente ho già avuto troppa pazienza, non voglio più perdere tempo”, sulla sua
pagina di Facebook e a compiere il gesto estremo, di chi purtroppo non ce la fa
più.
Da tutti viene descritta come una ragazzina sveglia, bella,
solare, con tanti amici, dunque non era un’emarginata, come comunemente si è
portati a immaginare una vittima di bullismo; ma le parole feriscono anche chi all’apparenza
sembra forte e inattaccabile, perché non lo da a vedere tenendosi tutto dentro,
proprio come ha fatto lei.
Questa vicenda ha scatenato forti reazioni fra i compagni di
Carolina, tra chi la difende e si difende, tra chi accusa e chi è accusato .
C’è anche chi chiede scusa per aver svolto il ruolo di spettatore silenzioso,
che ha visto ma non ha fatto nulla per aiutarla, rendendosi così complice di chi si divertiva alle spalle di Carolina.
Da parte nostra ci auguriamo che questo non isolato episodio
di bullismo faccia riflettere sull’importanza delle parole, del loro peso
specifico all’interno di una società e che non sempre il silenzio paga, in
questi casi mai. Impariamo a utilizzare la nostra bilancia morale, perché
questi episodi non si ripetano più.
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