venerdì 26 giugno 2015

Dispersione scolastica, Italia allarmante: quale ruolo per scuola e Terzo settore?

Secondo uno studio commissionato da WeWorld a cui hanno preso parte le associazioni Giovanni Agnelli e Bruno Trentin, la situazione italiana riguardo all'abbandono scolastico non sarebbe delle più rosee. L'Unione Europea stima infatti che gli early school leavers in Italia costituiscano il 17% della loro popolazione. I parole povere, il 17% circa dei ragazzi italiani tra i 18 e i 24 anni  abbandona la scuola avendo conseguito al massimo la licenza media. 

Early School Leaving in percentuali (2013). Fonte: Eurostat
Il dato è significativo per varie ragioni. Innanzitutto, perché ci colloca in fondo alla classifica europea, e questo implica che si può (e si deve) fare meglio. In secondo luogo, perché  la Commissione Europea stima che “Da qui al 2020 saranno creati 16 milioni di posti altamente qualificati, mentre i posti scarsamente qualificati scenderanno di 12 milioni”, complicando ulteriormente la situazione dei lavoratori non specializzati. Inoltre, tale dato rende irrealistico per noi il raggiungimento  dell'obbiettivo europeo sull’abbandono scolastico fissato al 10% entro il 2020, che si trasforma in più verosimile 15-16%. In terzo luogo, non solo queste percentuali sono segno di ferite aperte nel tessuto sociale, ma – come ogni piaga sociale – hanno anche ripercussioni economiche, tanto che azzerare la dispersione scolastica potrebbe avere un impatto sul PIL tra lo 1,4% e il 6,8%.
Non bisogna comunque dimenticare, sottolinea lo studio, che la situazione è migliorata rispetto al 25,3% di early school leavers del 2000 (dati UE), anche se meno rispetto che in altri stati membri.
Tuttavia, questo 17% stimato dalla Commissione Europea, sostiene il Prof. Daniele Checchi – tra gli accademici coinvolti – sarebbe inferiore di almeno 10 punti percentuali rispetto all'effettivo abbandono precoce (30% circa), misurabile attraverso le iscrizioni scolastiche.
L'obiettivo dello studio in questione, “LOST. DISPERSIONE SCOLASTICA, il costo per la collettività e il ruolo di scuole e Terzo settore”, è quello di definire meglio il problema sul territorio italiano, in particolare nelle aree urbane metropolitane di Milano, Roma, Napoli e Palermo dove è stata analizzata una significativa porzione delle attività di contrasto alla dispersione scolastica di scuole ed enti no profit, anche tramite il metodo dell'intervista approfondita.
Come emerge dalle interviste, essendo le cause di questo fenomeno molteplici (da disabilità a problemi familiari), la soluzione non può essere semplicemente univoca. Servono allora soluzioni per ciascuno di queste cause: supporto alla disabilità, programmi di studio personalizzabili, contrasto della disaffezione allo studio,...
Anche la tempistica di intervento con tali soluzioni appare essere importante, risultando molto più efficace durante scuola secondaria di primo grado (o scuola media) rispetto che durante la secondaria di secondo grado (liceo e analoghi), dove ci “si limita quindi a un’azione di sostegno dei sopravviventi a scuola e di recupero (outreach) e risocializzazione di coloro che hanno già abbandonato la scuola”.
Allo stato attuale, concludono i ricercatori, tali soluzioni sono portate in modo dispersivo da un'azione scoordinata di scuole e associazioni, così da non agire – nella maggioranza dei casi – né in modo complementare né in modo sostitutivo, cioè né colmando reciprocamente le proprie lacune, né mettendosi in competizione le une con le altre.
Una maggiore sistematicità nell'intervento potrebbe così rendere ancora più efficace l'intervento degli enti coinvolti, che  – stima lo studio – “producono” 1,6 € per ogni euro investito, un effetto moltiplicativo del 60%, che deriva soprattutto dal lavoro volontario.
In tale ideale sinergia operativa, da una parte le istituzioni dovrebbero allocare le risorse in maniera disomogenea sul territorio, rispondendo ai diversi gradi di necessità delle varie aree, dall'altra, complementariamente, il Terzo settore – conveniamo con lo studio – potrebbe mettere a frutto la conoscenza delle specifiche problematiche locali per intervenire efficacemente a livello micro.

Noi del Terzo settore non dobbiamo stancarci di bussare alle porte delle istituzioni affinché raccolgano il nostro appello, a favore di una maggior complementarietà, e senza stancarci di portare avanti le nostre attività di contrasto al disagio giovanile.



Fabio I. Martinenghi

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