Secondo un sondaggio di
skuola.net, ripreso anche dal Corriere della sera, il 40% degli studenti che
stanno oggi affrontando la terza prova della maturità, sanno già quali materie
gli saranno chieste. Ovviamente sono i loro stessi professori a comunicargliele
informalmente, contrariamente alle norme vigenti. Questo è in loro potere dal
momento che la terza è l’unica prova scritta non redatta dal direttamente dal Ministero.
Sono infatti i professori della commissione d’esame, in parte interni all'istituto
in cui l’esame di svolge e in parte esterni. Questo può significare due cose: o
che gli insegnanti mancano al loro dovere di educatori aprendo una scorciatoia
agli studenti proprio nel momento di massimo sforzo della loro carriera, o che
i docenti riconoscono l’esistenza di una ingiustizia, di un malfunzionamento
all'interno della terza prova di maturità e dunque, infrangendo le regole,
provvedono a sanare questo torto a danno dei maturandi. In entrambe i casi il Ministero si trova davanti ad una domanda che esige una risposta. Come
contrastare – accogliendo la prima ipotesi – la debolezza morale di docenti che
si abbassano al livello della furbizia studentesca invece di ispirare i
maturandi al valore del sacrifico fecondo di risultati? Come riformare l’esame
di maturità – accogliendo la seconda – così da renderlo più giusto? In questo secondo caso, viene
certo da chiedersi come le precedenti generazioni di studenti, penso a chi oggi
ha tra i 40 e i 50 anni, abbiano potuto sopravvivere alla maturità pur essendo
estranei a questo genere di aiuti. La risposta non è poi molto difficile: la
terza prova fu introdotta da Luigi Berlinguer nel 1997 con la legge 425.
Non è dunque una parte del ben più storicamente affermato esame di maturità, ad
opera di Giovanni Gentile (1923), ma un aggiunta posteriore. Forse che sia
stato un errore?
Se da una parte sembra importante
verificare la capacità da parte dello studente di esporre in chiara e sintetica
forma scritta le nozioni imparate durante l’anno, dall'altra, non si vede la
necessità di tenere nell'ombra la scelta delle materie in esamine. L’intento è
ovvio, obbligare i maturandi ad un ripasso completo del programma di quinta
liceo. Tuttavia, ciò è già richiesto per affrontare la prova orale. Dunque, la
puntuale valutazione sulle abilità di sintesi e uso del linguaggio scritto
proprie della terza prova rischia di essere compromessa dalla “lotteria delle
materie”, spesso truccata. A rendere questa procedura insensata è proprio la
presenza di un esame orale che già richiede la suddetta completa conoscenza del
programma, offrendo inoltre un pausa superiore ai tre giorni che separano
seconda e terza prova. Ai maturandi è così concessa un’ultima revisione degli
appunti.
Ipotizzando che le materie della
terza prova fossero per legge rese note, in termini di conoscenze e competenze
richieste non vi sarebbe alcuna differenza con il corrente Esame di Stato. Il
programma andrebbe conosciuto interamente e preparato durante il corso di tutto
l’anno. Si sottrarrebbe tuttavia ai docenti l’arbitrio di rivelare le materie
d’esame, elemento di ingiusta diseguaglianza tra i maturandi di tutta Italia.
Il sincero auspicio è che si
possa giungere ad un esame di maturità che vada oltre la formalità, diventando realmente uguale per tutti e dando a ciascuno la possibilità di dimostrare la propria preparazione. Bisogna infatti ricordare che un voto ingiusto può avere forte impatto sull'ammissione ad
alcune università e quindi sulla vita degli studenti.
Fabio I. Martinenghi
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