martedì 23 giugno 2015

Maturità, terza prova all'insegna delle "imbeccate" dei professori: regole e trasgressioni

Secondo un sondaggio di skuola.net, ripreso anche dal Corriere della sera, il 40% degli studenti che stanno oggi affrontando la terza prova della maturità, sanno già quali materie gli saranno chieste. Ovviamente sono i loro stessi professori a comunicargliele informalmente, contrariamente alle norme vigenti. Questo è in loro potere dal momento che la terza è l’unica prova scritta non redatta dal direttamente dal Ministero. 
Sono infatti i professori della commissione d’esame, in parte interni all'istituto in cui l’esame di svolge e in parte esterni. Questo può significare due cose: o che gli insegnanti mancano al loro dovere di educatori aprendo una scorciatoia agli studenti proprio nel momento di massimo sforzo della loro carriera, o che i docenti riconoscono l’esistenza di una ingiustizia, di un malfunzionamento all'interno della terza prova di maturità e dunque, infrangendo le regole, provvedono a sanare questo torto a danno dei maturandi. In entrambe i casi il Ministero si trova davanti ad una domanda che esige una risposta. Come contrastare – accogliendo la prima ipotesi – la debolezza morale di docenti che si abbassano al livello della furbizia studentesca invece di ispirare i maturandi al valore del sacrifico fecondo di risultati? Come riformare l’esame di maturità – accogliendo la seconda – così da renderlo più giusto? In questo secondo caso, viene certo da chiedersi come le precedenti generazioni di studenti, penso a chi oggi ha tra i 40 e i 50 anni, abbiano potuto sopravvivere alla maturità pur essendo estranei a questo genere di aiuti. La risposta non è poi molto difficile: la terza prova fu introdotta da Luigi Berlinguer nel 1997 con la legge 425. Non è dunque una parte del ben più storicamente affermato esame di maturità, ad opera di Giovanni Gentile (1923), ma un aggiunta posteriore. Forse che sia stato un errore?
Se da una parte sembra importante verificare la capacità da parte dello studente di esporre in chiara e sintetica forma scritta le nozioni imparate durante l’anno, dall'altra, non si vede la necessità di tenere nell'ombra la scelta delle materie in esamine. L’intento è ovvio, obbligare i maturandi ad un ripasso completo del programma di quinta liceo. Tuttavia, ciò è già richiesto per affrontare la prova orale. Dunque, la puntuale valutazione sulle abilità di sintesi e uso del linguaggio scritto proprie della terza prova rischia di essere compromessa dalla “lotteria delle materie”, spesso truccata. A rendere questa procedura insensata è proprio la presenza di un esame orale che già richiede la suddetta completa conoscenza del programma, offrendo inoltre un pausa superiore ai tre giorni che separano seconda e terza prova. Ai maturandi è così concessa un’ultima revisione degli appunti.
Ipotizzando che le materie della terza prova fossero per legge rese note, in termini di conoscenze e competenze richieste non vi sarebbe alcuna differenza con il corrente Esame di Stato. Il programma andrebbe conosciuto interamente e preparato durante il corso di tutto l’anno. Si sottrarrebbe tuttavia ai docenti l’arbitrio di rivelare le materie d’esame, elemento di ingiusta diseguaglianza tra i maturandi di tutta Italia.
Il sincero auspicio è che si possa giungere ad un esame di maturità che vada oltre la formalità, diventando realmente uguale per tutti e dando a ciascuno la possibilità di dimostrare la propria preparazione. Bisogna infatti ricordare che un voto ingiusto può avere forte impatto sull'ammissione ad alcune università e quindi sulla vita degli studenti.



Fabio I. Martinenghi

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